Pagine

17 agosto 2006

"VI RACCONTO IO CHI E' D'ALEMA" di Francesco Cossiga

Massimo D'Alema mi ha ingannato? O meglio: mi sono ingannato io su di lui? Abbiamo complottato insieme, abbiamo fatto guerra in Jugoslavia da bravi compagni di strada. E ora si stringe agli Hezbollah quasi fossero persone di famiglia. Si fa prendere a braccetto da un loro deputato, come se si fossero rivisti, dopo tanto tempo, due militanti del Pci. E dire che ero giunto a sperare fosse meglio di Romano Prodi... Non mi ero dimenticato fosse marxista-leninista. Speravo che per realismo perdesse certi amori giovanili. Temo di essermi davvero illuso. Voglio bene a Massimo, ma il sentimento non mi fa ombra nel giudizio. La mia vita politica non è breve, e nemmeno priva d'errori e di colpe.

Pensare liberal e restare compagni
In essa però ho sempre avuto saldo un principio: mantenere distinti, anche se non divisi, gli ambiti dell'affetto e dell'amicizia da quelli della politica. (Anche se invero amicizia ed affetto facilitano certamente le relazioni politiche, perché bandiscono l'insincerità, la doppiezza e l'inganno. Rifiuto dunque gli insegnamenti del moralista Torquato Aceto del '500 che scrisse un aureo libretto: "Della dissimulazione onesta". Quella è prevista piuttosto dal Corano).
Questo per dire che Massimo ed io, nonostante la differenza d'età, siamo amici. Siamo stati anche complici -non "complottardi"! - politici, al tempo della caduta di Prodi nel 1998, e anche per un breve periodo compagni di strada. Io ho affetto e stima per lui e per la sua bella e esemplare famiglia. Ultimamente, mi sono battuto con convinzione profonda per la sua elezione a presidente della Repubblica. Ahimè, l'intesa Casini- Rutelli e la miopia di Silvio Berlusconi hanno fatto fallire il "nostro" progetto. Credevo che Massimo, pur senza rinnegare il suo passato ideologico di marxista-leninista non avverso allo stalinismo, e la sua storia politica di militante del Partito comunista italiano, avesse superato i pregiudizi, e fosse diventato un democratico liberal come me. E me lo aveva fatto credere soprattutto il suo comportamento da presidente del Consiglio dei ministri, anche sul piano dei rapporti atlantici e particolarmente italoamericani. Qualcuno ricorda? Anzi, Massimo, ti ricordi? La rischiosa decisione di schierare l'Italia nel durissimo intervento militare attivo contro la Jugoslavia, senza alcuno scrupolo pacifista o umanitario. Allora, D'Alema, applicasti a te stesso questo programma: «La guerra è una cosa terribile, ma talvolta l'ingiustizia è più terribile della guerra!». E la guerra purtroppo consiste nel «killing people and destroying things», uccidere persone e distruggere cose...

Una presunzione degna di Crispi
Questa memoria mi ha fatto molto dolorosamente considerare il suo infelice e ingiusto discorso al Parlamento contro lo Stato d'Israele «aggressore», e quello che, contro il suo normale carattere, mi è sembrato il suo quasi presuntuoso comportamento di taglio "crispino". Come se anch'egli s'illudesse essere l'Italia più di quello che di fatto è: una media potenza politica, una piccola potenza economica e una piccolissima potenza militare! Nelle trattative internazionali si è battuto in chiave antisraeliana, antiamericana, filo-siriana. (Sì, filo-siriana: il Libano è una finzione politico-geografica - come mi fu spiegato una volta da dirigenti siriani d'alto livello -; una utile invenzione dell'ultimo colonialismo francese, fatta specialmente a tutela della minoranza cristiana, ma oggi è una "colonia" della Siria). Massimo si è esibito come fido amico di Hamas e Hezbollah. Dunque inevitabilmente ha combattuto una battaglia diplomatica "antisionista" e cioè antiebrea, quasi pronto di fatto a ricercare giustificazioni per il terrorismo estremista islamico. Così che domani lascia pensare che forse, in situazioni d'emergenza, si schiererà a favore dell'Iran, non consapevole - spero! - del pericolo di una rinnovata "soluzione finale" che può colpire il popolo d'Israele. Massimo, ricordi? Andò già così un'altra volta, quasi settanta anni fa. Allora, per la vigliaccheria dell'Europa, di quell'Europa «diversa, distinta, distante e alternativa» all'America e al mondo anglosassone che tu, Massimo, propugni, come altri "euroentusiasti". Mi hai fatto ricredere amaramente, ma non mi hai meravigliato, perché mi è tornata la «dolorosa memoria di cose antiche».

Realismo miope e tic da vecchio Pci
Per la sua antica cultura togliattiana, Massimo D'Alema, è come tanti altri ex-comunisti, soltanto un "realista". E questo lo sapevo. Ma sono costretto a dubitare della sua conversione alla democrazia liberale. Egli ha certo compreso che, dopo la scomparsa dell'Unione Sovietica, una politica "democratica progressiva", erede tardiva di quel poco di socialismo reale ancora possibile, poteva essere svolta solo nella cornice delle istituzioni rappresentative e delle libertà "borghesi". Ma forse è ancora fermo nella convinzione che essi, gli eredi del comunismo, erano, sarebbero rimasti e ancora con sincerità si ritengono la "parte migliore", i predestinati a cambiare il mondo. Anche se domani non fossero la "maggior parte" della società politica, riterrebbero comunque di avere il diritto di comandare, in nome del "primato dell'eguaglianza sulla libertà", la "democrazia delle virtù" contro la "democrazia dei numeri".

Un progressista nostalgico
D'Alema, rispondimi tu. Sei un "democratico progressivo" che si è acconciato per necessità ma sinceramente alla democrazia liberal dell'Occidente, o sei diventato per doppiezza strategica un socialdemocratico, e cioè un democratico occidentale? O forse con la vittoria ottenuta nelle elezioni del 2006 dal postcomunismo, dopo una lunga marcia che ha spazzato via la cinquantennale egemonia della democrazia centrista di tipo occidentale, sei tornato anche tu con l'entusiasmo per le "antiche cose"? Io temo proprio questo. Vedo l'antiamericanismo, l'antisemitismo, l'antisraelismo. In questo colgo il sogno di una "rivoluzione" che oggi, scomparsa la comune patria sovietica e il movimento del comunismo internazionalista, potrebbe essere attuata attraverso un'alleanza con il movimento della "Rivincita Islamica", che passi da Hamas e arrivi agli Hezbollah, e - perché no? - anche ad Al Qaeda. Non sarà che le leggi scientifiche del marxismo ti rendono certo che Al Qaeda e la sua "guerra contro i giudei e i crociati" diverranno sempre più laiche? Ti sarai fatto due conti. E avrai compreso che in questo progetto potresti avere accanto non pochi "cattolici democratici", dai Castagnetti alle Rosy Bindi. Essi ritengono infatti che l'essenza del cristianesimo sia l'utopia pauperista e populista, da cui il dovere morale di essere anti-americani, perché l'America è ricca, è la patria del capitalismo e del libero mercato contro la giustizia sociale, la patria del protestantesimo ed ora anche del fondamentalismo dei neocon. L'America per loro resta la casa della massoneria, la figlia perfida dell'ebraismo, come affermava il primate di Polonia, cardinal August Hlond. Avresti con te tutti questi cattolici che preferiscono il dialogo con l'islam, anche estremista, a quello con la religione dei connazionali di Gesù, di Maria, di Pietro e di Paolo. E dire che essi sono i «nostri fratelli maggiori», come li chiamava Giovanni Paolo II il Grande e come li ha confermati Benedetto XVI, due Papi che con le loro parole e i loro atti hanno lavato la grande macchia che insozzava il mantello della Chiesa.

A questo punto è meglio Prodi
La loro lavanda purificatrice si è aggiunta provvidenzialmente al martirio di santa Edith Stein. Mi viene in mente che Edith (grande filosofa, ebrea atea convertitasi al cattolicesimo, carmelitana con il nome di suor Teresa Benedetta della Croce, eletta patrona d'Europa) fu trascinata ad Auschwitz proprio dalle SS, ed ora salta fuori che apparteneva a quelle truppe proprio la tua icona culturale di una vita, Günter Grass... Riflettici, Massimo. E rispondimi: sono fondati i miei timori? Cari lettori del mio amatissimo Libero, rispondetemi voi, rispondi tu, caro Feltri. Mi sono drammaticamente illuso su Massimo D'Alema, oppure no? Sinceramente, non so ancora rispondere con certezza, anche se propendo per il mea culpa: «Sì, mi sono illuso». Ma a Massimo D'Alema continuerò comunque a volere bene, perché l'amicizia è un'altra cosa. Ma non lo preferirò più, mai più, a Romano Prodi.
da: Libero

Nessun commento: