Forse, preparando i bagagli per le vacanze, sarebbe meglio ricordarsi anche del certificato elettorale, in caso ce ne fosse bisogno di fronte alla fine prematura del governo Prodi - non per un colpo di sole, ma per un colpo di testa di otto senatori folgorati dall'esempio di Zidane.
Sulla gracile costipazione del governo Prodi potrebbe abbattersi una tegola così pesante da ridurlo in briciole: il voto al Senato per approvare il decreto legge di rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan. Alla Camera quattro deputati delle frange a sinistra della sinistra estrema hanno defezionato la maggioranza, che comunque si è salvata con il soccorso del centrodestra. Il contraccolpo non è stato quasi percepito, perché le differenze ideologiche e partitiche hanno trovato riparo sotto l'ampio ombrellone dell'interesse nazionale.
Ma al Senato gli otto dissidenti potrebbero assestare un colpo letale alla maggioranza. Prodi può giocare la carta della disperazione ponendo la questione di fiducia, ma sarebbe una reazione estrema che potrebbe far saltare i nervi a questi irriducibili pacifisti, confermandoli nella propria distruttiva ideologia. Dopo tutto, l'Unione paga la scelta di essersi imbarcata questi frammenti di antipolitica, ritrovandosi nella situazione in cui non avrebbe mai dovuto ritrovarsi. E invece no: non hanno fatto niente per prevenire ciò che era inevitabile. Osservando in retrospettiva, la tegola che sta per cadere in testa a Prodi viene da molto lontano, ed è sempre stata ben visibile a tutti. Eppure nessuno, da Bertinotti a Rutelli hanno mosso un dito per proteggersi. Il finale è tragico: un governo sotto sequestro di otto esagitati fondamentalisti della pace. Il prestigio internazionale di Padoa-Schioppa, la scaltrezza di Mastella, il livore di D'Alema, il buonismo di Rutelli sono tutti sotto la minaccia di perfetti sconosciuti in delirio ideologico.
Senza i dissidenti pacifisti premessero il grilletto, la maggioranza non sarebbe più tale. Allora bisognerebbe chiamare il pronto intervento dell'Udc, ben felice, e del centrodestra, meno, per tenere in vita il governo, che a quel punto però entrerebbe in agonia. Ma dall'agonia al decesso il passo è breve: sarebbe subito crisi politica, di quelle serie, che non si risolvono col vertice notturno di maggioranza e un comunicato stampa. L'effetto di soli otto voti contrari risucchierebbe nel baratro l'intera maggioranza.
Per il centrodestra si tratterebbe di tapparsi il naso votando sì al Senato, col conforto che quest'apparente sostegno è finalizzato soltanto ad eliminare l'Unione. Ma dentro al centrodestra non tutti la pensano così. Casini vuole mettere nei guai l'Unione evitando però di porgerle l'estrema unzione: il democristiano approfitta sempre delle disgrazie altrui, ma senza infierire. Berlusconi e il centrodestra vero sperano, in modo più pragmatico, di liberarsi di Prodi e della sua maggioranza, poi si vedrà. Intanto questa divergenza di vedute emergerà soltanto dopo la fine di Prodi. Per ora basta che gli otto senatori tengano duro e il centrodestra faccia la bella figura dell'opposizione istituzionale e responsabile. Al resto, a rompere l'Unione, ci penserà il conteggio dei voti. Neanche in politica la matematica è un'opinione. Per una volta tanto il rientro dalle ferie non sarebbe deprimente.
Sulla gracile costipazione del governo Prodi potrebbe abbattersi una tegola così pesante da ridurlo in briciole: il voto al Senato per approvare il decreto legge di rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan. Alla Camera quattro deputati delle frange a sinistra della sinistra estrema hanno defezionato la maggioranza, che comunque si è salvata con il soccorso del centrodestra. Il contraccolpo non è stato quasi percepito, perché le differenze ideologiche e partitiche hanno trovato riparo sotto l'ampio ombrellone dell'interesse nazionale.
Ma al Senato gli otto dissidenti potrebbero assestare un colpo letale alla maggioranza. Prodi può giocare la carta della disperazione ponendo la questione di fiducia, ma sarebbe una reazione estrema che potrebbe far saltare i nervi a questi irriducibili pacifisti, confermandoli nella propria distruttiva ideologia. Dopo tutto, l'Unione paga la scelta di essersi imbarcata questi frammenti di antipolitica, ritrovandosi nella situazione in cui non avrebbe mai dovuto ritrovarsi. E invece no: non hanno fatto niente per prevenire ciò che era inevitabile. Osservando in retrospettiva, la tegola che sta per cadere in testa a Prodi viene da molto lontano, ed è sempre stata ben visibile a tutti. Eppure nessuno, da Bertinotti a Rutelli hanno mosso un dito per proteggersi. Il finale è tragico: un governo sotto sequestro di otto esagitati fondamentalisti della pace. Il prestigio internazionale di Padoa-Schioppa, la scaltrezza di Mastella, il livore di D'Alema, il buonismo di Rutelli sono tutti sotto la minaccia di perfetti sconosciuti in delirio ideologico.
Senza i dissidenti pacifisti premessero il grilletto, la maggioranza non sarebbe più tale. Allora bisognerebbe chiamare il pronto intervento dell'Udc, ben felice, e del centrodestra, meno, per tenere in vita il governo, che a quel punto però entrerebbe in agonia. Ma dall'agonia al decesso il passo è breve: sarebbe subito crisi politica, di quelle serie, che non si risolvono col vertice notturno di maggioranza e un comunicato stampa. L'effetto di soli otto voti contrari risucchierebbe nel baratro l'intera maggioranza.
Per il centrodestra si tratterebbe di tapparsi il naso votando sì al Senato, col conforto che quest'apparente sostegno è finalizzato soltanto ad eliminare l'Unione. Ma dentro al centrodestra non tutti la pensano così. Casini vuole mettere nei guai l'Unione evitando però di porgerle l'estrema unzione: il democristiano approfitta sempre delle disgrazie altrui, ma senza infierire. Berlusconi e il centrodestra vero sperano, in modo più pragmatico, di liberarsi di Prodi e della sua maggioranza, poi si vedrà. Intanto questa divergenza di vedute emergerà soltanto dopo la fine di Prodi. Per ora basta che gli otto senatori tengano duro e il centrodestra faccia la bella figura dell'opposizione istituzionale e responsabile. Al resto, a rompere l'Unione, ci penserà il conteggio dei voti. Neanche in politica la matematica è un'opinione. Per una volta tanto il rientro dalle ferie non sarebbe deprimente.
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