19 settembre 2006
IL TELEFONO ACCORCIA LA VITA
Ma perché Marco Tronchetti Provera si scontra così duramente con Romano Prodi? Certo, i tempi per un consolidamento, sia pure non drammatico, dei conti di Olimpia e Telecom Italia sono incombenti. C'è, poi, l'irritazione per l'arroganza, eredità di due presidenze Iri, che Prodi esibisce quando interviene tra affari e finanza. Non sarà mancata l'impazienza verso Angelo Rovati, uomo di mano del premier, che prometteva questo e quello senza risultati. Però è diffusa la convinzione che un imprenditore prudente come Tronchetti non sarebbe arrivato a un confronto così aspro se non fosse stato convinto anche della scarsa probabilità di durare dell'attuale esecutivo.D'altra parte che l'arietta verso il governo in carica sia pessima anche a sinistra, si comprende leggendo tanti opinionisti già ultraprodiani. Giuseppe Turani su Affari e Finanza scrive: «Quasi quasi erano meglio Berlusconi e Tremonti di questa gente». Claudio Rinaldi sull'Espresso scrive: «È mai possibile che spunti addirittura la tentazione di spezzare una lancia per Roberto Maroni? ». Guido Rossi si lancia in un «Ma quelli vogliono ricostituire l'Iri». «Per vincere le elezioni Prodi è stato costretto a stringere un'alleanza con una sinistra radicale, una sinistra riformista e alcuni elementi imprevedibili», scrive Umberto Eco su Repubblica. Marco Travaglio per difendere il governo dalle accuse di Piero Ostellino scrive sull'Unità che il centrosinistra è «al massimo un'armata brancaleone che barcolla fra una gaffe e un tremolio».
Se così la pensano opinionisti schiettamente di sinistra, figurarsi che idea della situazione si sono formati i settori dell'establishment che avevano flirtato con la salita al potere del centrosinistra. Questo effetto di sbandamento, solo attenuato dalle mosse internazionali dalemiane, produce un risultato: a difendere la capacità di governo del centrosinistra pare quasi essere il solo Tommaso Padoa-Schioppa. Gli altri, Pierluigi Bersani, Vincenzo Visco, Enrico Letta, sembrano defilarsi.
Ora, Padoa-Schioppa è di sicuro un grande tecnico ed economista ma la politica non è il suo mestiere. E quando mette tutte le sue uova nel paniere di una grande concertazione con i sindacati, commette un'ingenuità. Innanzi tutto la situazione non è quella del 1993: non solo non è così grave. Non solo i partiti non sono più commissariati da magistratura e dall'estero. Non solo i sindacati non sono a pezzi come in quella stagione. E l'attuale ministro dell'Economia non ha il peso bipartisan che aveva Carlo Azeglio Ciampi in quel periodo. Ma, soprattutto, una cosa è chiedere semplicemente della moderazione sindacale sotto l'incombere della catastrofe economica. Un'altra avere nelle confederazioni un articolato partner per la modernizzazione. Padoa-Schioppa ricorda che in Svezia ci si è riusciti. Ma nei Paesi scandinavi, a parte tutte le altre differenze tra le quali quella dell'efficienza dello Stato, non c'è una Cgil saldamente condizionata dai settori conservatori (pubblico impiego, metalmeccanici, scuola e pensionati) e guidata dall'amletico Guglielmo Epifani.Quel pragmatico ed efficace capo della Cisl che è Raffaele Bonanni ha fatto capire a Padoa-Schioppa che cosa sarebbe un programma «svedese»: rinazionalizzazioni, più tasse ai ceti medio-alti e più contributi al lavoro autonomo. Un programma sicuramente inefficace che il leader cislino lancia solo per non farsi scavalcare a sinistra dalla Cgil e magari da qualche confindustriale. Sapendo che è «impossibile» realizzarlo con una maggioranza di un senatore e 25mila elettori. Ecco perché il governo Prodi avrà vita breve.
il Giornale, 18 set 2006
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