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04 febbraio 2010

MENTRE BERLUSCONI TRIONFA AD ISRAELE, SI SCOPRE CHE A SINISTRA …


Qualcuno non ride più sulle rivelazioni di Panorama circa il “complotto D’Addario” e deve ammettere. Evidentemente le prove sono serie.


Apprendiamo da Affaritaliani



Sul caso D'Addario e sul tema del complotto contro Berlusconi, il giornale diretto da Antonio Padellaro (Il Fatto) nell'edizione domenicale fa uno scoop clamoroso, che completa e arricchisce la tesi inquietante avanzata dal settimanale Panorama. In particolare alza il velo su alcuni particolari in possesso della procura di Bari in base ai quali sarebbe stata intercettata per strada a Roma una conversazione di "un imprenditore vicino al Pd" ("Roberto De Santis?") che, dopo aver incontrato il grande faccendiere e puttaniere bipartisan Tarantini, rivela a un suo misterioso interlocutore: "Non ci dà una mano".

Questo riscontro avrebbe, secondo Il Fatto, "impresso una direzione particolare alle indagini della procura di Bari". Da qui una serie di domande poste dal giornalista autore del clamoroso colpo, Antonio Massari: "Quale aiuto avrebbe potuto offrire, Tarantini, a questo imprenditore? Perché Tarantini avrebbe dissentito? Si parlava di affari? O dell'inchiesta sulle escort? In altre parole qualcuno legato al Pd, chiedeva - magari per proprio conto, senza il coinvolgimento dei maggiorenti del partito - un aiuto per colpire Berlusconi, ormai coinvolto nello scandalo Tarantini? E soprattutto - se diamo per buona l'ipotesi - il dialogo avviene prima o dopo che il caso D'Addario diventi di dominio pubblico?".

Come si vede di carne al fuoco sul tavolo dei magistrati baresi ce n'è abbastanza per approfondire. E per dubitare delle versioni fin qui accreditate. E ne esce rafforzata la pista della vicenda escort come complotto ordito contro Berlusconi. Una teoria che finora era stata irrisa e screditata dagli avversari del Cavaliere dal fatto che la notizia fosse uscita dai giornali del suo gruppo (Panorama, in particolare). Ora la conferma dal Fatto, specialista in rivelazioni giudiziarie e in carte processuali e organo dell'anti-berlusconismo militante.


Appuntamenti e incontri “filmati” – pochi giorni prima che scoppiasse lo scandalo Berlusconi-D'Addario – anche tra Maritati e l'avvocato Maria Pia Vigilante. E poi tra la Vigilante, che ne difende gli interessi, e la D’Addario. E infine: tra la Vigilante e un giornalista. Al di là dell'indagine svolta dagli investigatori privati, anche la Procura di Bari ha voluto vederci chiaro, setacciando i conti della D’Addario e controllando i suoi spostamenti, insieme con quelli dei giornalisti che avevano lavorato sul suo caso.


Un mix d’informazioni – alcune confluite nei fascicoli della procura, altre no, altre ancora prossime all'acquisizione – che ha spinto Panorama a evocare un “complotto”. Nessun complotto. Nel mirino – della procura e degli investigatori privati – c'è la "gestione" di Patrizia D’Addario e del suo materiale incandescente. E gli investigatori privati – non la procura - hanno documentato una sequenza d’appuntamenti tra un magistrato, un politico, un avvocato, un giornalista.


E in procura c’è chi si chiede se, le indagini di un investigatore privato, che riguardano il caso D’Addario , possano spingersi fino al magistrato titolare dell'indagine. Il magistrato, infatti, si chiama Giuseppe Scelsi, pm della dda di Bari, titolare dell'inchiesta su Tarantini. Il politico si chiama Alberto Maritati, senatore del Pd, ex collega di Scelsi per parecchi anni, proprio nella Procura di Bari, dove è stato procuratore aggiunto. L'avvocato è Maria Pia Vigilante, difensore della D’Addario, della quale cura gli interessi anche per controversie familiari e burocratiche.
La giornalista si chiama Maddalena Tulanti: è da anni l’apprezzato capo della redazione pugliese del Corriere del Mezzogiorno, inserto regionale del Corriere della Sera, ed è la penna che ha trasformato in un libro – Gradisca, presidente (Aliberti editore) – la biografia della D’Addario. L'investigatore privato scopre che – nel giro di pochi giorni – i quattro s'incontrano. Nel centro della città. E inserisce il tutto – fotografie incluse – nell'indagine difensiva.

Il Fatto Quotidiano ha contattato il senatore Alberto Maritati, per chiedergli se davvero ha incontrato il pm Scelsi e l'avvocato Vigilante. E gliene ha chiesto i motivi.
"La teoria del complotto – esordisce – mi pare demenziale. È vero che ho incontrato Scelsi e l'avvocato Vigilante. Ho lavorato a Bari per 11 anni, quand’ero in procura, ma adesso che sono un politico, ci vengo raramente, e solo per motivi professionali. Scelsi era in prefettura, per un incontro istituzionale, e ci siamo fermati a prendere un caffè. Siamo stati insieme tra i 5 e i 10 minuti. Non di più. Non sapevo nulla dell'indagine in corso. E lui non me ne ha accennato. L'incontro è avvenuto un mese prima che lo scandalo fosse noto. Dopo, sapendo che il titolare dell'inchiesta era lui, ho capito che, dato il mio ruolo, sarebbe stato meglio non incontrarsi. Non l'ho chiamato neanche per gli auguri di Natale. È vero che nello stesso periodo ho incontrato l'avvocato Vigilante. La conosco da oltre dieci anni. È un'amica di famiglia. L'ho vista al ristorante, sul corso, e mi sono fermato a salutarla. Ho chiacchierato con lei che, peraltro, cura anche una mia causa giudiziaria. Infine: non ho mai conosciuto Patrizia D’Addario”.



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Letto l’articolo di Affaritaliani, vediamo chi è l’on. MARITATI del Pd …
Maria Pia Vigilante (avvocato della D’Addario) è amica di vecchia data di Alberto Maritati, è stato considerato uno degli uomini politici più vicini a Massimo D’Alema. Maritati lo conobbe nel 1995 quando, come pubblico ministero a Bari, chiese e ottenne il proscioglimento di D’Alema accusato di aver percepito un finanziamento illecito al Pci avvenuto dieci anni prima, quando ricopriva la carica di segretario regionale del partito. Secondo una pratica evidentemente diffusa tra gli imprenditori della sanità, l’allora “re delle cliniche private” pugliesi, Francesco Cavallari, era stato generoso sia con la destra sia con la sinistra, e dichiarò ai magistrati di aver consegnato nel 1987 a D’Alema, su sua richiesta, un contributo di 20 milioni di lire. Lui, “lealmente” – come scrisse il gip nel provvedimento conclusivo –, ammise di aver ricevuto una tale somma, ma il reato di finanziamento illecito era coperto dall’amnistia del 1989, e il processo si chiuse lì. Maritati, diventato senatore nel 1999 e riconfermato in tutte le successive elezioni, nel 2000 fu sottosegretario all’Interno nel governo D’Alema e nel 2006 sottosegretario alla Giustizia nel governo Prodi.

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1 commento:

Luca ha detto...

Grande Alessandra!!!

Luca