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22 giugno 2006

ADDIO TUNNEL, ADDIO EUROPA

S' ha da fare o no quella controversa Tav, la linea ferroviaria d'alta velocità Torino-Lione? La vertenza si trascina senza un esito prevedibile, in attesa del tavolo di confronto che il governo Prodi ha offerto ai contestatori dopo le prolungate turbolenze in Val di Susa. Non s'era mai discusso tanto per una ferrovia dai tempi della Stockton- Darlington in Scozia, 1825, anno di nascita del primo treno.Oltre ai sindaci della Bassa Valle, indotti o incitati a temere disastrosi danni ambientali a causa del tunnel di Venaus, avversano strenuamente il progetto due partiti del governo in carica, beneficiari di tanti voti «no-Tav» nelle recenti elezioni politiche. I Verdi e Rifondazione hanno raccolto, da soli, oltre il 43 per cento dei consensi a Venaus, il 27 a Bussoleno, il 23 a Susa. Ma insistono a favore del «corridoio merci» d'alta capacità il sindaco di Torino e i governatori delle regioni Piemonte, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, due su tre schierati nel centrosinistra. Lo stesso Prodi s'è pronunciato a favore, anche se una dichiarazione d'intenti è agevole, mentre procedere nei lavori non è semplice tra dissensi rischiosi nella maggioranza governativa.Da Bruxelles, intanto, ricorrono le sollecitazioni a decidere. Loyola de Palacio, che per incarico della Commissione Ue deve prendersi cura della questione, s'incontra oggi con Prodi. Ha già dichiarato: «Il progetto è uno dei cinque prioritari scelti dall'autorità europea. Io sono pronta a battermi perché ottenga il massimo dei finanziamenti possibili, ma devo essere sicura del sì italiano. Senza quel sì, la mia battaglia non avrebbe senso». Insomma, le ferrovie italiane rischiano l'esclusione dal grande circuito europeo, mentre già nell'alta velocità subiscono un ritardo storico.Basta ricordare che in Francia il primo Train à grande vitesse, già dall'inizio degli Anni 80, copriva in due ore i 512 chilometri della Parigi-Lione. In Italia, ora il caso Tav presenta peculiari difficoltà, come gli allarmi suscitati da qualche traccia di amianto e uranio, alcune discordi valutazioni tecniche, le obiezioni economiche sull'effettiva convenienza o sulla necessità prioritaria dell'opera. Ma l'Europa ci chiede una risposta: dite sì o no. E al di là della particolare questione Tav, rimane che dagli ultimi decenni questa lunga Penisola e le sue isole sopportano danni gravosi per i vitali trasporti ferroviari. A causa di negligenze, lassismi e sperperi dei governi, senza dubbio. Ma pure, in generale, a causa di particolarismi e riottosità locali, fra pretese dei municipalisti e ribellioni degli estremisti ecologici.Si possono elencare innumerevoli vertenze, maggiori o minori e anche paradossali, sull'opportunità di spostare un po' in qua o un po' in là una linea tracciata per l'espansione della rete ferroviaria.Gli ostruzionisti, come testimoniano le cronache degli Anni 90, hanno preteso di tutelare non solo alberi a Ceprano e colture a Ceccano, ma persino specie rare di rospi altrove. Spesso il municipio, indifferente all'opera logistica e tecnologica perché il treno veloce non si fermava nella sua stazione, reclamava propine anche senza il minimo appiglio. E così avanti, ognuno a suo piacimento, da troppo tempo.

di Alberto Ronchey - Corriere della Sera, 21 giu 2006

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