
Ora che la sinistra ha la possibilità di operare alla guida del Paese e di stabilire l'indirizzo politico di governo emergono in modo più netto le sue contraddizioni viscerali. Che significa stare a sinistra oggi? Significa nascondersi dietro la retorica della Resistenza come ha fatto Epifani il leader della Cgil, durante un convegno di industriali svoltosi a Varese? In un momento di difficoltà in cui gli veniva contestato dalla platea il fatto che la Cgil non si sia ispirata sempre, durante la sua storia, ad una «cultura dei doveri», ha dichiarato, arrampicandosi sugli specchi: «Ricordate che furono gli operai che nel 1943 difesero le fabbriche dai nazisti». Il problema della sinistra è rifuggire la realtà, mascherando l'anacronismo della propria idea politica dietro il velo, ormai trasparente, di un'ideologia che affonda le sue radici nel passato, ma che non racchiude in sé alcuna progettualità per il futuro. Sono significative, a riguardo, le considerazioni di chi, di questa cultura del declino, si è fatto portavoce convinto sulle pagine di Repubblica: Ilvo Diamanti fa un'analisi della società italiana nella quale mette a nudo tutti gli artifici di cui si è avvalsa la sinistra per conquistare il potere, artifici che ora potrebbero ritorcersi contro. L'editorialista di Repubblica ammette che la retorica declinista sia stata concepita come funzionale ad un progetto, sconfiggere il centrodestra; la definisce una vera e propria «tecnica politica», atta ad accrescere il malessere dei cittadini. La sinistra, ispirandosi alla tecnica machiavellica secondo cui il fine - il potere - giustifica i mezzi, ha finito per conquistare formalmente l'obiettivo, ma pagandolo a caro prezzo: quello che era lo strumento, la diffusione e il radicamento nella società del cosiddetto «male di vivere», non ha fatto altro che sovvertire la realtà. Per dirla con le parole dello stesso Diamanti: «E' probabile che la retorica del declino racconti un paese, almeno in parte, immaginario». In realtà l'espressione «in parte» è riduttiva. La metà del Paese, fortunatamente, non è caduta nella trappola del disfattismo ad ogni costo: ha creduto in Berlusconi e al suo progetto, un progetto di ricostruzione avviatosi in cinque anni, a cui ha rinnovato la sua fiducia e il suo consenso, che non sono stati erosi dall'ampio universo mediatico sinistrorso. Il problema della sinistra è che ora non può più affidarsi a questa tecnica politica: è questo che si legge tra le righe dell'articolo di Ilvo Diamanti. «L'Italia indulge nella retorica del declino e della pauperizzazione. Ma senza crederci davvero. Per inerzia o per artificio». La realtà che emerge, dati alla mano, è ben diversa: l'Italia è uno dei paesi europei dove vi è la più alta percentuale di possessori di casa, l'industria vede accrescere le sue esportazioni e il suo fatturato e le piccole e medie imprese si sono aperte coraggiosamente alle sfide della globalizzazione. Una metà dell'Italia ha ancora fiducia nel futuro, è per questo che ha rinnovato la sua scelta politica per il centrodestra. La sinistra, già ai primi passi di Governo, non fa altro che scivolare indietro.
E' questo che vogliamo?
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