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28 giugno 2006

REFERENDUM : VINCE L'IDEOLOGIA DEL NO

Con il prevalere del no si chiude la stagione delle riforme istituzionli per il nostro Paese. La propaganda della sinistra ha volutamente distorto il significato della riforma apportata dalla Casa delle Libertà, generando il timore che essa producesse una divisione dell'Italia, che fosse più costosa e che mettesse a repentaglio la nostra democrazia. Come sempre le finalità della sinistra non sono rivolte al bene comune, ma al proprio interesse: il mantenimento dello status quo implica la riattualizzazione del tempo in cui ha visto protagoniste le culture politiche che compongono l'Unione: la Prima Repubblica.
Smorzare il desiderio di riforma significa per loro interrompere quel cambiamento che segnò, con l'avvento della Seconda Repubblica, un rapporto differente tra cittadino ed istituzioni rispetto alla partitocrazia di un tempo. L'Italia vive ancora nella condanna di avere una compagine politica propensa al no, alla negazione di ogni scelta innovativa. Coloro che oggi vi appartengono si schierarono contro il referendum sulla scala mobile nel tempo in cui il governo Craxi cercò di rompere la triangolazione tra sindacato, politica e grande impresa nel segno di svincolare da tale morsa il tessuto produttivo del nostro Paese e molti di loro assunsero posizioni ambientaliste ideologiche per bocciare il referendum sull'introduzione del nucleare in Italia.
Ora che della Costituzione hanno fatto un testo sacro, dovranno confrontarsi con le modifiche scellerate che il loro passato governo aveva prodotto. La compagine politica del no ha sempre diviso ciò che è nella realtà dei fatti da ciò che appare. Le dichiarazioni di molti dei loro esponenti si sono basate sulla l'inviolabilità della Carta costituzionale, quando loro stessi furono i primi a variarla per il proprio tornaconto elettorale, che mirava ad intercettare quel consenso che, alla fine del 2000, spingeva verso una riforma federale dello Stato. Il conflitto di competenze tra Stato e regioni sulle materie di competenza concorrente, prodotto dalla sinistra, previsto dalla modifica del titolo V, può essere considerato il vulnus centrale della Carta costituzionale. Ma poco importa per l'Unione, ciò che conta è la riattualizzazione degli strumenti che le permisero allora di poter governare la società italiana, e che oggi vengono strumentalizzati come trade union tra le vecchie e le nuove generazioni. Ideologizzare il no alla riforma costituzionale significa fare della democrazia un contesto di regole inviolabili, sacrificando l'istanza di libertà che chiede un maggiore adeguamento dello Stato ai tempi della globalizzazione.
La differenza sostanziale che separa la Casa delle Libertà dall'Unione è in primis nell'uso delle regole democratiche. Se per l'opzione liberale e libera essa è uno strumento per il bene comune, per la sinistra diviene il fine per l'attuazione dei propri schemi ideologici. La propaganda di sinistra, quindi, seguirà sempre il senso dell'utile, piuttosto che la ricerca del vero. E l'impegno politico della sinistra seguirà la motivazione ideologica che li consacra come paladini della verità al governo della società. In questo quadro ogni azione apparente che rinnovi il precetto ideologico del suo retaggio culturale diviene necessaria per evitare il disincanto del proprio elettorato. Le ricorrenze del 1 maggio e del 25 aprile divengono riti sacri finalizzati a rinnovare il significato e l'esistenza della loro compagine politica. Così come la sacralizzazione della Costituzione serve a rispolverare il contesto storico in cui essi erano protagonisti ed al contempo è utile ad emarginare quelle formazioni politiche nate con l'avvento della Seconda Repubblica.
In questo contesto, dopo il risultato referendario, la motivazione politica della Casa della Libertà ha un argomento in più per difendere la vita democratica del nostro Paese. Un terzo degli italiani ha deciso un sì in libertà, avendo contro i media, la burocrazia, i corpi intermedi e la cultura dominante. Quel popolo non accetta il dictat del partito del no. Credere nella libertà come un fatto politico significa opporsi ad una compagine che della democrazia fa un mero strumento di potere. Da oggi abbiamo un motivo in più per opporci al partito del no della sinistra che ha frenato l'Italia nella sua storia democratica.

2 commenti:

ALESSANDRA FONTANA ha detto...

L'amico Vito Schepisi mi ha mandato questo commento per il blog che trasmetto.

La Lega e la sconfitta.

Si! La lega è la vera artefice della sconfitta. Parlo di sconfitta e non di ciò che poteva essere la possibile bocciatura della riforma costituzionale. Le ragioni del "no" avevano un solido sostegno nell'affermazione che le riforme costituzionali si fanno con il consenso più largo possibile ed al di fuori dei giochi politici. Questo non è stato possibile per una contrapposizione preconcetta. Bisognava prenderne atto e denunciare al Paese l'impossibilità di proseguire nel disegno di ammodernamento dello stato a causa della bieca e preventiva opposizione del centrosinistra. A costoro non è sembrato vero di poter contare su uno strumento di feroce critica alla ex maggioranza. Le forze della democrazia liberale e del rinnovamento erano accusate di voler imporre la propria riforma costituzionale con il 50% del consenso politico del Paese. Errore gravissimo! Anche se giustificato da quella sorta di immobilismo e di conservatorismo rappresentato dalla sinistra. A poco importa se nelle singole novazioni della riforma si siano trovati in tempi diversi larghe convergenze. Ricordiamo, ad esempio, il "premierato", ovvero la distinzione funzionale delle Camere. La cecità politica del centrodestra, in questo caso, ha offerto al peggior presidente della repubblica che l'Italia avesse potuto avere, il riscatto politico. Non stimato persino a sinistra, Scalfaro, è tornato prepotentemente in sella con la sua prosa stantia ed il suo moralismo predicato nei confronti di altri. Questo uomo mediocre e privo di autocritica e di vergogna per non aver ancora spiegato agli italiani, non solo i suoi comportamenti politici all'epoca della presidenza, preoccupato a non dispiacere la sinistra dei giudici, ma anche dove siano finiti i 100 milioni di vecchie lire da lui percepiti mensilmente dai "servizi" quando era ministro degli Interni del governo Craxi. Era un ministro del Governo dell'odiato Craxi!?!?!? Ahhhh!!!....Le cento primavere della gente in malafede!!... e poi dicono che con l'animo cattivo non si campa tanto!!!!! La responsabilità è della Lega per aver voluto a tutti i costi la riforma ed anche nel modo sbagliato.
La responsabilità è nei termini e toni usati che hanno spaventato gli italiani. La "devolution"...Bossi e Calderoli quanto siete stati stupidi! Non sapete parlare italiano e vi cimentate in una lingua straniera per dire cose semplici da poter facilmente comprendere. Invece vi riempivate la bocca di "devolution" ed ogni volta che pronunciavate questa parola il 50% degli italiani sorrideva divertita della vostra smorfia labiale mentre l'altro 50% si preoccupava dal vostro apparire barbari ed incolti. I dirigenti della lega sono stati stupidi e purtroppo lo sono ancora! Penso che anche i vertici della Lega come la Costituzione italiana siano da rinnovare. Dovrebbero rendersi conto che in Italia, nord compreso, li percepiscono come barbari demolitori dell'Unità dell’Italia. Questa riforma, che non era la riforma federale della Lega, perchè indirizzata quasi esclusivamente al rinnovamento del Paese e che non frantumava niente, non separava alcunché, non mortificava nessuna regione d'Italia; questa riforma, ripeto, era percepita dagli italiani come la riforma separatista, secessionista, antiunitaria vagheggiata nel tempo dalla Lega. Era percepita come la spinta antiunitaria, da Bossi e compagni sollecitata quando mantenevano in piedi il governo Dini, dopo il ribaltone del 1994 e quando D’Alema diceva di loro: "siete una costola della sinistra" . Da costola sono diventati una "ciabatta usata". Ora mi domando se tutto questo era voluto. Possibile che nessun esperto di comunicazione abbia informato i vertici della Lega di quanto siano stati poco credibili nell’elettorato estraneo al loro "zoccolo duro"? Io penso, invece, che siano stati coscienti della loro azione negativa ma che abbiano proseguito nel loro disegno di rottura. Avevano bisogno di visibilità presso il loro elettorato. Si stanno preparando a mobilitare i loro militanti, sull’onda della delusione, alle sceneggiate delle ampolle ed altre castronate del tipo. E' ora che si dia corpo al rinnovamento della strategia politica del centrodestra. Penso sia necessario valorizzare forze fresche, chiarire con gli alleati le strategie. E' opportuno tagliare i rami secchi ed emarginare i professionisti della "visibilità". Penso sia giunta l'ora di dar vita ad un movimento di progresso costituito da forze moderate fermo sui principi delle democrazie occidentali e sui valori condivisi della nostra civiltà, saldo nelle alleanze internazionali, critico e stimolatore in Europa. Un movimento propositivo, snello ed efficiente in politica interna. Serve un movimento che sia percepito come equilibrato verso tutti, ricchi e potenti o poveri e diseredati, che sia giusto nella imposizione dei doveri e ampio nella concessione di diritti. Un movimento che sia percepito come restauratore di ordine ma inflessibile verso soprusi ed arroganza.

ALESSANDRA FONTANA ha detto...

Vito, sei sempre intelligente e puntuale.
Grazie.

A.