Da non perdere il numero dell'Espresso in edicola. Si può trovare una delle analisi più spietate dell'operato del governo Prodi dalla sua nascita sino ad oggi. La firma è quella dell'editorialista politico Claudio Rinaldi. Il titolo recita: «L'autunno caldo di Prodi», anche se leggendo l'articolo si potrebbe pensare alla Waterloo del Professore. Una disfatta su tutta la linea, di cui la Finanziaria è soltanto la punta dell'iceberg. Detto dal settimanale di punta del gruppo La Repubblica, non fa una piega.
Commentiamolo insieme…
La fierezza ostentata da Prodi (da ultimo nella conferenza stampa in stile Casa Bianca a Villa Pamphili) per Rinaldi potrebbe essere giustificata soltanto «se si stesse discutendo di una Finanziaria del genere lacrime e sangue, che impone sacrifici oggi in nome di importanti conquiste domani. Al contrario, la manovra viene attaccata semplicemente perché spinge il sistema economico in una direzione sbagliata. Allora sostenere che le critiche equivalgono ad attestazioni di validità non fa che sottolineare lo stato di solitudine in cui Prodi ha finito per trovarsi». Una solitudine, dice Rinaldi, dovuta non tanto agli attacchi dell'opposizione, quanto alla delusione e allo scetticismo degli stessi alleati del Professore, Fassino e Rutelli in primis, che hanno riconosciuto le criticità e i punti deboli presenti nella Finanziaria, chiedendone la modifica e invocando una «fase 2» per il governo unionista. E poi «contro la Finanziaria si sono pronunciate, oltre alla corporazione degli economisti pressoché al completo, la Banca d'Italia e la Confindustria, la Corte dei Conti e l'agenzia Standard & Poor's: tutte istituzioni all'interno delle quali la fine del potere berlusconiano era stata salutata con un sollievo. La Commissione europea, inoltre, ha optato per una sospettosa sospensione del giudizio».
Quali sono, allora, le cause che hanno portato alla «solitudine» di Prodi, al «fuoco amico» dei partiti del centrosinistra e dei poteri vicini all'Unione, alla delusione montante in categorie e fasce sociali da sempre affini alla sinistra? Che cosa ha fatto precipitare, in pochi mesi, l'indice di gradimento del governo dal 63% al 45%? Certamente la strategia comunicativa ma soprattutto le decisioni assunte in barba a ogni promessa fatta in campagna elettorale. Nascondersi però dietro i difetti di comunicazione, rintuzza Rinaldi, è un ulteriore segnale di debolezza.
I problemi del governo unionista sono molto più profonde, quasi genetiche. «A ispirare i giudizi negativi sul governo Prodi, anche se nessuno ne parla, è stato prima di tutto un generale e motivato disappunto per le circostanze della sua formazione. Il peccato originale si chiama pletoricità». Cosa che «ha dato l'impressione di una selvaggia caccia alle poltrone». Come se non bastasse, «un autogol è stato altresì il richiamo in servizio, quale viceministro dell'Economia, di Vincenzo Visco». Ma non finisce qui. «Se si passa alle opere effettivamente realizzate, il bilancio si fa ancora più triste». Per non parlare della «goffaggine» di Prodi sui casi Telecom e Alitalia. Fino ad arrivare all'oggi, alla Finanziaria, di cui «elencare i difetti è fin troppo facile».
Il «problema dannatamente reale» è la dipendenza di Prodi e del suo governo dalla sinistra radicale, cosa che frena ogni spinta riformista dell'esecutivo e indebolisce ancor di più la sua leadership. Per questo - suggerisce Rinaldi - «Subito dopo l'approvazione della Finanziaria bisognerà ottenere dalla sinistra-sinistra e dai sindacati l'ok all'innalzamento dell'età pensionabile. Dopo di che si dovrà promuovere una nuova ondata di liberalizzazioni, nonché avviare altre riforme che rilancino la competitività del Paese». Possibile? La risposta sembra darla lo stesso Rinaldi quando critica Prodi per il fatto di impostare la sua azione su due convinzioni che ritiene granitiche, ma che, in realtà, sono molto opinabili: «La prima è che l'Unione abbia nettamente vinto le elezioni... La seconda è che lui, grazie alle primarie di un anno fa, ne sia l'unico possibile capo».
Stando così le cose, le conclusioni che si possono trarre dall'interessante lettura dell'Espresso sono tre: che il richiamo a una «fase 2» riformista è solo un pio auspicio; che l'esecutivo Prodi è irriformabile; che, infine, un governo di grande coalizione, invocato da vari rappresentanti dell'opposizione e bollato da Prodi come una sciagura, non è poi, in realtà, cosa così disprezzabile. Anzi…
La fierezza ostentata da Prodi (da ultimo nella conferenza stampa in stile Casa Bianca a Villa Pamphili) per Rinaldi potrebbe essere giustificata soltanto «se si stesse discutendo di una Finanziaria del genere lacrime e sangue, che impone sacrifici oggi in nome di importanti conquiste domani. Al contrario, la manovra viene attaccata semplicemente perché spinge il sistema economico in una direzione sbagliata. Allora sostenere che le critiche equivalgono ad attestazioni di validità non fa che sottolineare lo stato di solitudine in cui Prodi ha finito per trovarsi». Una solitudine, dice Rinaldi, dovuta non tanto agli attacchi dell'opposizione, quanto alla delusione e allo scetticismo degli stessi alleati del Professore, Fassino e Rutelli in primis, che hanno riconosciuto le criticità e i punti deboli presenti nella Finanziaria, chiedendone la modifica e invocando una «fase 2» per il governo unionista. E poi «contro la Finanziaria si sono pronunciate, oltre alla corporazione degli economisti pressoché al completo, la Banca d'Italia e la Confindustria, la Corte dei Conti e l'agenzia Standard & Poor's: tutte istituzioni all'interno delle quali la fine del potere berlusconiano era stata salutata con un sollievo. La Commissione europea, inoltre, ha optato per una sospettosa sospensione del giudizio».
Quali sono, allora, le cause che hanno portato alla «solitudine» di Prodi, al «fuoco amico» dei partiti del centrosinistra e dei poteri vicini all'Unione, alla delusione montante in categorie e fasce sociali da sempre affini alla sinistra? Che cosa ha fatto precipitare, in pochi mesi, l'indice di gradimento del governo dal 63% al 45%? Certamente la strategia comunicativa ma soprattutto le decisioni assunte in barba a ogni promessa fatta in campagna elettorale. Nascondersi però dietro i difetti di comunicazione, rintuzza Rinaldi, è un ulteriore segnale di debolezza.
I problemi del governo unionista sono molto più profonde, quasi genetiche. «A ispirare i giudizi negativi sul governo Prodi, anche se nessuno ne parla, è stato prima di tutto un generale e motivato disappunto per le circostanze della sua formazione. Il peccato originale si chiama pletoricità». Cosa che «ha dato l'impressione di una selvaggia caccia alle poltrone». Come se non bastasse, «un autogol è stato altresì il richiamo in servizio, quale viceministro dell'Economia, di Vincenzo Visco». Ma non finisce qui. «Se si passa alle opere effettivamente realizzate, il bilancio si fa ancora più triste». Per non parlare della «goffaggine» di Prodi sui casi Telecom e Alitalia. Fino ad arrivare all'oggi, alla Finanziaria, di cui «elencare i difetti è fin troppo facile».
Il «problema dannatamente reale» è la dipendenza di Prodi e del suo governo dalla sinistra radicale, cosa che frena ogni spinta riformista dell'esecutivo e indebolisce ancor di più la sua leadership. Per questo - suggerisce Rinaldi - «Subito dopo l'approvazione della Finanziaria bisognerà ottenere dalla sinistra-sinistra e dai sindacati l'ok all'innalzamento dell'età pensionabile. Dopo di che si dovrà promuovere una nuova ondata di liberalizzazioni, nonché avviare altre riforme che rilancino la competitività del Paese». Possibile? La risposta sembra darla lo stesso Rinaldi quando critica Prodi per il fatto di impostare la sua azione su due convinzioni che ritiene granitiche, ma che, in realtà, sono molto opinabili: «La prima è che l'Unione abbia nettamente vinto le elezioni... La seconda è che lui, grazie alle primarie di un anno fa, ne sia l'unico possibile capo».
Stando così le cose, le conclusioni che si possono trarre dall'interessante lettura dell'Espresso sono tre: che il richiamo a una «fase 2» riformista è solo un pio auspicio; che l'esecutivo Prodi è irriformabile; che, infine, un governo di grande coalizione, invocato da vari rappresentanti dell'opposizione e bollato da Prodi come una sciagura, non è poi, in realtà, cosa così disprezzabile. Anzi…
7 commenti:
Faccio una proposta.
Sottoscriviamo una richiesta di perizia psichiatrica per Prodi.
Mi sento di condividere tutto quanto, meno l'auspicabilità di un governo di larghe intese. Ormai una finanziaria disastrosa ce la dobbiamo tenere perchè non c'è più il tempo per farne un'altra. Condividere il disastro con un governo di larghe intese, sarebbe un messaggio del tipo "siamo in ballo, balliamo.Spartiamoci le poltrone". Nuove elezioni, sicuramente darebbero più consenso e forza al nuovo esecutivo. E non certamente ad un cento-sinistra ormai al tubo del gas.
Condivido molto dell'analisi del Rinaldi (brutto segno per Prodi se anche le campane di sinistra cominciano a suonare a morto) e del tuo intervento su questo articolo. Permettimi pero' di dissentire su quel "Anzi" che chiude il tuo post. Fare oggi un governo di grande coalizione non avrebbe senso in quanto non ci sarebbe spazio per portare avanti quelle riforme (iniziate dal governo Berlusconi e cassate in toto da Prodi&Co) necessarie per tenere in vita il nostro paese oramai sempre piu' ostaggio dell'Unione Europea e dell'ala radicale della compagine di governo. Addirittura si vocifera di un ritorno di Dini (a proposito che fine ha fatto?) come eventuale futuro Presidente del Consiglio, Dio ce ne scampi!. La soluzione sarebbe quella di nuove elezioni, ma con un comunista come Presidente della Repubblica difficilmente assisteremo ad uno scioglimento anticipato delle camere, piuttosto includerebbero anche Follini nel nuovo eventuale governo per porre un ulteriore mattone alla ricostruzione della grande casa democristiana (o meglio cattocomunista) Sostanzialmente, nonostante la grande sfiducia che gli Italiani dimostrano nei confronti di questo governo, non cambiera' molto, assisteremo ad un balletto di rimpasti vari per cinque lunghi (sigh!) anni e ci riconsegneranno un' Italia profondamente lacerata da conflitti sociali e molto piu' povera. Ci conviene iniziare a pregare.
Alessandra cara,
magari si potesse tornare alle urne! Non lo consentiranno mai! L'occupazione delle Istituzioni, oltre alla fame di poltrone come abbiamo constatato, è stata mossa strategica. Solo le Istituzioni possono decretare la fine della Legislatura ed il ritorno alle urne. Le minacce che oggi vengono diffuse ad iniziare da Prodi per finire a Fassino mirano a scoraggiare gli incerti ed i delusi. Si paventa il ritorno alle urne e quindi, oltre il mancato raggiungimento del diritto alla pensione, anche la possibile mancata candidatura o rielezione, per costringere il popolo dei parlamentari senza parola a rinunciare all'assunzione di un ruolo più dignitoso. Il ritorno alle urne è brandito come una spada affilata pronta a tagliare mani e piedi. Illudersi che Napolitano sciolga le Camere è fantasia pura. Non lo farà mai! Neanche sotto minaccia! Almeno per ora, almeno fino a quando il suo popolo di ex comunisti, post comunisti, neo comunisti ed utili idioti non gli darà il via libera. Sai che sono pronti Follini e Casini, Tabacci e Buttiglione, Cesa e qualche altro da accattare all'ultimo momento. Si deve puntare quindi, per il bene del Paese, e per spiazzare i "falchetti di mezzo" dell'Udc, ad un governo provvisorio di ampie convergenze. Su un programma concordato e con l'impegno dichiarato dei leaders dei partiti maggiori di arrivare ad esaurire il programma concordato dopo la prima metà della legislatura. Esaurito il programma: elezioni. In linea di principio io sarei per l'opposizione dura ad oltranza: non è vincente, però! La linea della Cdl verrebbe interpretata come intollerante, insensibile ai problemi del Paese, reazionaria e priva del senso dello Stato. hanno i media dalla loro parte. Faremmo, insomma, il gioco della sinistra che incapace di esprimersi come forza di governo, trarrebbe vantaggio dall'accusa alla Cdl di incapacità di assunzioni di responsabilità, insensibilità alle questioni del Paese e spirito intollerante e poco moderato. Sulle larghe convergenze si deve lavorare e fare emergere invece le loro contraddizioni. All'interno della sinistra è facile pensare, invece, che si possa scatenare una lotta di tutti contro tutti. Emergerebbe fuori con più evidenza la natura intollerante e faziosa del loro personale politico. Sfidiamoli su questo campo. Dimostriamo che l'unica anima riformista e moderata del Paese è la nostra. Ciao Alessandra, un abbraccio affettuoso. Vito
Caro redenemy (il tuo nick è un a meraviglia...) hai perfettamente ragione ma non ci faranno mai andare ad elezioni, sanno che Berlusconi vincerebbe a mani basse e questa volta non potrebbero fare i soliti giochini ai seggi, è passato troppo poco tempo dagli ultimi brogli smascherati... Quindi l'alternativa può essere un brevissimo governo di transizione!! Correrei anch'io subito alle urne , ma faranno di tutto per impedirlo.
Da lunedì prox ti leggerò ancora...solo una breve vacanza...
CY
Ed io qui a lavorare... Ti aspetterò!
Posta un commento