E' la difesa di Consorte e Sacchetti, come abbiamo visto, a sostenere che quei soldi, nei loro conti all'estero, furono versati da Chicco Gnutti, quale pagamento, celato al fisco, della consulenza da loro prestata durante la vendita di Telecom Italia. Vendita, nel 2001, da Colaninno & Soci a Tronchetti Provera & Soci. Fra i soci si trova sempre Gnutti. E' vero, si dice, che la cifra pagata era molto alta, ma è anche vero che Tronchetti Provera fu indotto a concludere l'affare pagando il doppio di quel che quella quota valeva in Borsa. E qui c'è un errore, anzi, c'è tutta una storia rimasta segreta.Tronchetti Provera non è uno sprovveduto, ed era assistito da banche d'affari non da un pollaio. Pagò quelle azioni il doppio di quel che valevano, ma perché era l'unico modo per comperare Telecom Italia senza lanciare un'offerta pubblica (opa), che gli sarebbe costata molto di più. L'aggiramento è stato possibile perché le autorità di controllo avevano consentito che la società fosse posseduta da una catena proprietaria del tutto oscura e nascosta, residente all'estero e priva di doveri tanto fiscali che di trasparenza. Nelle chiacchiere iniziali della privatizzazione Telecom Italia doveva divenire una public company, e nessuno ne avrebbe potuto controllare più del 3%. Nel giro di pochi mesi, i governi Prodi e D'Alema negarono tutto quello che avevano detto e il gioiello finì nelle mani dei “capitani coraggiosi”, come li chiamò il capo dei ds, che era anche capo del governo. A loro fu permesso l'incredibile, cioè di comperare celando l'identità dei compratori e portando in paradisi fiscali il controllo reale della società. Questo ha, dopo, permesso di vendere lasciando a bocca asciutta gli altri azionisti, vale a dire il parco buoi dei risparmiatori che erano già stati abbondantemente spazzolati, e lasciando all'oscuro il mercato, cui la comunicazione è arrivata a cose fatte.Bene, anzi no, male. Consorte e Sacchetti sarebbero stati pagati per il lavoro svolto. Quale? Per quale diavolo d'importante attività incassarono 50 milioni di euro? Non certo per avere convinto l'acquirente, che era convinto di suo. Non per avergli portato via il doppio del valore delle azioni, perché quella era la richiesta di Gnutti, ed era la remunerazione di quello spericolato (ma regolare?) meccanismo che consentiva di fare marameo al mercato. Che hanno fatto? Quante volte Tronchetti Provera trattò con Consorte? Se fossero cinque farebbero dieci milioni ad incontro. Magico. Di più non furono, perché tutti dicono che si fece in pochi giorni.Propongo un esercizio diverso: si accerti che fine hanno fatto, che direzione hanno preso, tutti i soldi pagati da Olimpia (acquirente) ad Hopa (venditrice), all'estero. Mi punge vaghezza che se ne scoprirebbero d'interessanti, e, quanto meno, si scoprirebbe chi ha incassato, chi è stato retribuito, chi è stato ringraziato. E' questo è solo un pezzo del Grande Intrigo, per conoscere il quale i lettori pazientino ancora qualche giorno.
Davide Giacalone - Libero
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