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18 giugno 2006

LA COSTITUZIONE ITALIANA

La Costituzione Italiana è entrata in vigore il 1° gennaio 1948, all'indomani della fine della seconda guerra mondiale. Essa è composta da 139 articoli, i primi dodici riguardano i principi fondamentali, gli altri sono suddivisi in due parti: la prima riguarda i diritti e doveri dei cittadini (articoli da 13 a 54), la seconda l'ordinamento della Repubblica, cioè la parte organizzativa e il funzionamento delle istituzioni (articoli da 55 a 139). Da oltre un quarto di secolo si cerca di cambiare e ammodernare la vecchia Costituzione del ‘48, per adeguarla alle mutate esigenze della società. Dalla Commisione Bozzi a quelle De Mita, Jotti e D’Alema sono ben sette le legislature gettate al vento con inconcludenti discussioni. Tutte le forze politiche, in primo luogo quelle che oggi dicono di no al referendum, hanno tentato inutilmente di cambiare la seconda parte della Costituzione.
C’è una sola eccezione: la devoluzione realizzata nel 2001 dal solo centrosinistra con la modifica del Titolo V della Costituzione (che riguarda le competenze di Regioni, Province e Comuni). Una modifica peggiorativa che ha aumentato i costi e l’inefficienza delle istituzioni, ha accresciuto i conflitti tra Stato, Regioni ed Enti locali, creando un federalismo rissoso e confuso. Essa ha addirittura soppresso dalla Costituzione il principio della tutela dell’interesse nazionale e ha sottratto allo Stato materie come l’energia e le grandi infrastrutture, attribuendole alla competenza concorrente delle regioni, con il rischio di paralisi in settori vitali per lo sviluppo del Paese.
Per queste ragioni la Casa delle Libertà ha proposto una riforma organica della parte seconda della Costituzione, delineando un insieme coerente di modificazioni.
La riforma riguarda:

1. la correzione dalla pessima modifica costituzionale del 2001, dei cui guasti
si è reso conto lo stesso centrosinistra, in direzione di un federalismo
equilibrato e responsabile;
2. la forma di governo, per consentire agli elettori, e solo ad essi, di scegliere
direttamente il premier e la maggioranza, attribuendo al governo poteri
adeguati per realizzare il proprio programma e impedendo i cosiddetti
“ribaltoni”;
3. la riduzione di circa un quarto del numero dei parlamentari (175 in meno) e
la modifica dei poteri delle due Camere, in modo da evitare che entrambe
facciano le stesse identiche cose in modo ripetitivo, per avere così un
Parlamento più giovane, più snello, più efficiente;
4. un nuovo ed equilibrato sistema di tipo federale caratterizzato da una
distribuzione ottimale delle funzioni e dei poteri, sia statali che regionali;
5. l’aumento delle garanzie e dei contrappesi necessari per uno Stato
democratico, e tutte le altre modifiche dell'ordinamento della Repubblica che si
sono mostrate necessarie dal 1948 ad oggi.
La riforma è stata approvata dalle Camere nel mese di novembre del 2005 ed
è ora sottoposta al voto dei cittadini attraverso il referendum del 25 e 26
giugno. Un referendum tra favorevoli e contrari in cui conterà chi otterrà più
voti. Se prevarranno i No, la riforma sarà respinta. In tal caso la spinta
conservatrice sarà fortissima e probabilmente, per molti anni a venire, rimarrà
immutata la vecchia Carta costituzionale del 1948, non più adeguata ad
affrontare le grandi sfide che i tempi ci impongono, insieme alla pessima
modifica del 2001. Se prevarranno i Sì, la riforma sarà approvata, e ci sarà
anche tempo e modo per migliorarne alcuni aspetti tecnici, in quanto l’entrata
in vigore della riforma non è immediata (salvo che per le correzioni urgenti al
Titolo V), ma graduale nel tempo, a partire dal 2011.
In questa pubblicazione sono affrontate, con domande e risposte, le principali
questioni relative alla riforma costituzionale, in modo da fugare qualunque
dubbio sui suoi contenuti effettivi e mascherare le bugie diffuse dal
centrosinistra.
Grazie a Renato Brunetta

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