Non è vero che il provvedimento del ministro Bersani riguardante i taxi sia una misura liberale. È una misura di proletarizzazione dei taxi che attenta al diritto di proprietà della piccola impresa personale. E, per farlo, il lupo illiberale si traveste da agnello liberista onde carpire la buona fede di liberisti e liberali veri e ottenere il consenso di liberisti illiberali e falsi liberali che vogliono cercare di distruggere, ovunque sia possibile, il modello del piccolo proprietario gestore della propria impresa, onde sostituirvi la massificazione. Alla faccia dei vecchi liberali come Einaudi o Ropke, che trovavano il massimo dell'economia di concorrenza proprio in un sistema atomistico con tanti singoli operatori economici. Lo schema Bersani sostituisce ai piccoli proprietari e alla cooperativa di soci proprietari la società per azioni (falsamente cooperativa o capitalista) con dipendenti che potranno essere sindacalizzati, che non sono responsabili del taxi che guidano e che non sono vagliati dal comune e quindi potrebbero anche essere persone di scarsa affidabilità. Infatti, nei paesi in cui vige tale sistema, vi è un vetro che divide il tassista dal cliente, per separarli. È forse liberale dover stare in un taxi in cui il cliente è separato da conducente da un vetro spesso, perché "non si sa mai"?Se l'attuale governo voleva indurre i comuni, arbitri della regolamentazione, ad aumentare l'offerta di taxi bastava che stabilisse che l'antitrust può intervenire quando ci siano situazioni di eccessiva restrizione. Se questo era il vero problema, il governo avrebbe dovuto chiedere, preventivamente, ai comuni, tramite l'Anci, una informazione circa il numero di taxi per abitante nei vari comuni, il volume di utilizzo taxi nei vari comuni, per numero di utenze, chilometri, spesa, oltre a una informazione sulle tariffe per accertare i casi bisognosi di correzione. Le attuali situazioni di carenza di taxi, che non sono egualmente importanti nelle varie città, non derivano necessariamente dal fatto che ci siano pochi taxi rispetto alla domanda, perché in certe ore e giorni i taxi sono sovrabbondanti e fermi, in attesa di clienti. La attuale offerta, in molti casi, è adeguata, ma mal distribuita nei giorni e nelle ore. Spesso basterebbe cambiare i turni di uscita dei taxi e garantire certe fasce di ore e servizi, senza bisogno di aumentare il numero di tassisti. Prima di legiferare sarebbe stato utile disporre di queste informazioni e discuterle coi comuni interessati e con i rappresentanti dei proprietari di taxi, che, stando sul campo, hanno le maggiori informazioni. Nulla di ciò è stato fatto. Il provvedimento governativo non reca come preambolo illustrativo, dati di questa natura. Invece, con un colpo di mano, il governo Prodi, colla scusa della liberalizzazione, modifica il regime del diritto di proprietà nel settore delle imprese di taxi, con effetti retroattivi, per tutti i titolari di licenze, stabilendo che d'ora in poi l'esercizio dei taxi potrà essere svolto non da proprietari di taxi, ma da società che li posseggono e fanno guidare i veicoli da lavoratori dipendenti.Ciò non aumenta necessariamente l'offerta, ne modifica la natura. Genera una nuova categoria di operatori, pesci grossi che possono mangiare i piccoli e diventare monopolio, con veicoli scadenti e guidatori di basso livello, peggiorando il servizio, mentre i prezzi rimangono invariati. Mi si dovrebbe spiegare perché mai dovrebbe aumentare la concorrenza, se si riduce il numero di imprese di taxi, sostituendo le piccole imprese con grandi imprese. Invece, se, fermo restando il regime di piccole imprese, i sindaci, nei loro programmi di concessione di licenze, aumentano il numero di licenze, ci sarà una maggiore offerta e , potenzialmente, una maggiore concorrenza fra imprese. Il sistema escogitato da Bersani non mi pare miglioramento per l'utente, ma uno scadimento del servizio, rispetto a quello che si potrebbe ottenere, rispettando le regole attuali. Nel mutamento di regime ci vedo un vizio ideologico: quello della massificazione, della proletarizzazione, della lotta alla piccola proprietà. Di cui Romano Prodi è l'alfiere. E lo dimostra coi progetti di tassazione dei piccoli risparmi, la tassazione dei privati proprietari di immobili storici e artistici, la lotta ai notai togliendo loro gli atti di trasferimento di auto per darli a un anonimo sportello comunale. Il dna è sempre lo stesso, l'anti individualismo.
da: Libero di Francesco Forte
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