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15 gennaio 2007

MA GUARDA, GUARDA ...

Ieri, nel fondo del Corriere della Sera, Angelo Panebianco (non certo berlusconiano), deluso per la Caporetto dei riformisti dell’Unione, dopo avere ricordato che il deficit di bilancio è già ampiamente rientrato al di sotto del 3%, ha scritto: «Forse i tanti che avevano parlato di “disastro economico” provocato dal governo di centrodestra dovrebbero chiedere scusa all’ex ministro dell’Economia, Tremonti: il disastro, manifestamente, non c’era».
Allora: chi ha vinto le elezioni del 9-10 aprile? Chi diceva agli italiani la verità, cioè il centrodestra, all’interno del quale i più battaglieri erano proprio Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi, che garantiva di avere rispettato il «contratto con gli italiani»? Oppure ha vinto chi mentiva agli italiani, chi parlava di «declino dell’Italia» e di «disastro dei conti pubblici», inclusi l’attuale presidente del Consiglio e il suo ministro dell’Economia? Ha vinto la coalizione della menzogna, quella che poi ha coalizzato l’Italia che lavora e produce contro la sua Finanziaria; quella che a Caserta ha fatto una scampagnata dove i claudicanti riformisti sono stati definitivamente azzoppati, prendendo in giro l’Europa e le istituzioni internazionali che dicono che l’Italia ha bisogno di riforme strutturali.
Ma che i bugiardi di antica scuola mentano per vincere non è una novità. Fanno il loro mestiere. Non ce l’abbiamo con loro. Ce l’abbiamo invece con gli osservatori e gli esperti indipendenti e autorevoli, che per mesi hanno fatto informazione e hanno influenzato l’opinione pubblica avallando tutte quelle menzogne. Il buon Panebianco è escluso: è sempre stato oggettivo con il centrodestra, ma non è un economista e sul punto non si pronunziava. Ma dalle stesse colonne del giornale per cui scrive è stato versato parecchio inchiostro per convincere il Paese che tutto andava male.Posto che questi esperti abbiano attinto da autorevoli centri studi, sorge però un dubbio: benché Tremonti non abbassasse mai bandiera e anche nelle trasmissioni televisive più scomode si battesse con determinazione e ironia, come mai non aveva conoscenza del gran flusso di denaro che stava già versandosi nelle casse dello Stato? Certo, non spettava a lui mettersi alla calcolatrice. Allora il dubbio diventa un sospetto e si sposta su quella burocrazia che è stata lenta e/o imprecisa e che, in una parola, ha remato contro, venendo meno a quel rigore morale che un tempo caratterizzava i funzionari dello Stato.
Vale la pena ricordare che l’allora presidente Ciampi impose a Berlusconi di anticipare le elezioni, anziché attendere fine maggio, cioè il termine regolare della Legislatura. Altri due mesi e i conti sarebbe diventati, incontrovertibilmente, la pagella buona per il centrodestra. Forse la burocrazia parallela del Quirinale sapeva come stavano le cose? A conti fatti (è il caso di dirlo), più di un interrogativo è legittimo. E anche in questo caso dobbiamo ricordare che Berlusconi più volte si era lamentato della stampa che non prendeva in considerazione i risultati del governo. Che cos’altro vuol dire stampa libera e autorevole se non una stampa che ha esperti in grado di dare informazioni esatte, verificate e imparziali, invece di limitarsi a fare da cassa di risonanza alla propaganda politica? Non qualche frase di editorialisti, ma scuse con ben altra firma dovrebbero apparire su molti quotidiani.


Sono però gli italiani a pagare, oggi, i conti della "disinformatzia".

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