Nell’intervista al “Corriere della Sera”, volendosi segnalare come il “politico intelligente” che molti reputano sia, Massimo D’Alema infila un paio di affermazioni di quelle che potrebbero indignare i minus habentes che votano per Di Pietro. “Non ci sono scorciatoie, dice: non si esce da una crisi di questo tipo attraverso una soluzione giudiziaria, come può immaginare una certa parte dell’opposizione, o attraverso una campagna moralista e giustizialista”. Però! diranno le persone serie, inarcando le sopracciglia con stupore ed apprezzamento. Ma l’intervistato è ancor più audace: “io non credo che [dentro il Pdl] ci siano esclusivamente cortigiani perché comunque è una grande forza politica che ha avuto il voto di tanti milioni di italiani”. Che spirito d’osservazione!
Dopo tali incontrovertibili dimostrazioni di acume e di anticonformismo D’Alema si rifà lasciandosi andare ad un’orgia di wishful thinking (il prendere i propri sogni per realtà) e di banale, piatto antiberlusconismo.
Sostiene con toni apocalittici che siamo alla crisi finale del Pdl. Qualcosa come l’ultima convulsione del capitalismo di cui parlava sempre Mosca. “Le prospettive appaiono incerte mentre la crisi appare certa”.
Anche se lui non specifica né quando avverrà né in che cosa consisterà. La caduta del governo? E chi lo butta giù? Soprattutto, chi ha interesse a farlo? Non ha udito Gianfranco Fini dire cento volte che lui e i suoi sosterranno sempre lealmente questo esecutivo? Questo è il partito che “ho contribuito a fondare”, sostiene il Presidente della Camera; e Massimo dovrebbe sapere che Fini e i suoi amici sono sinceri semplicemente perché, fuori del Pdl, sarebbero soli e al freddo.
Ma, dice D’Alema, “C’è anche una crisi morale, di credibilità dello Stato”. Oltre a fare un caldo boia. E di chi è la colpa? Di Berlusconi. Infatti D’Alema sostiene che bisognerebbe costituire un nuovo governo di cui non sa dire nulla se non che non dovrebbe capeggiarlo Silvio. “La lunga fase della parabola berlusconiana è finita”, decreta. Forse addirittura il Cavaliere è in vacanza da mesi alle Bermuda: infatti il leader pugliese constata “un vuoto di leadership politica impressionante”. E dire che credevamo d’avere udito ad nauseam accuse di dittatura sudamericana scagliate contro il Cavaliere un giorno sì e l’altro pure. E proprio dalla sinistra. Ma forse ricordiamo male.
A Palazzo Chigi deve tuttavia essere rimasto qualcosa, di Berlusconi. Forse il suo fantasma. Infatti per il ghostbuster D’Alema il governo futuro potrà essere guidato da chiunque, mentre: “Se si tratta di un’operazione di ceto politico intorno a Berlusconi non serve assolutamente a nulla”. “La portata della crisi richiede un salto di qualità politico ed escludo che possa farlo Berlusconi”. L’Italia, afferma quasi con lirismo, ha bisogno di “un momento di responsabilità in cui si affrontino i problemi del Paese con coraggio”; di “un nuovo patto sociale”; “di un patto per il risanamento”; “di un patto per la crescita”. Quante belle parole, signora mia.
Purtroppo, malgrado i desideri della sinistra, il Cavaliere è ancora vivo e tutti hanno paura di sfidarlo. “Ritengo che tornare a votare con l’attuale legge elettorale, per una sorta di referendum su Berlusconi sì, Berlusconi no, non sarebbe utile”. Perché la sinistra sarebbe ancora una volta sconfitta. E qual è la soluzione geniale? La soluzione è che, se non si riesce a battere il campione, il campione stesso si dichiari battuto e vada via. Sostituito da che cosa? Da “un governo di larghe intese”, da “un governo di transizione “o come vogliamo chiamarlo, dice l’intervistato, non riuscendo a trovare l’espressione più semplice: “Da un governo senza Berlusconi”.
La giornalista (che ha già suggerito il nome di Giulio Tremonti) chiede infine: “Ma chi potrebbe mai essere la personalità che riesce a mettere insieme forze politiche tanto diverse?” “Questa è una decisione che spetta, come lei sa, al presidente della Repubblica». Quando ci si infila in un vicolo cieco, la machina fa scendere dall’alto il deus che risolve il problema.
Anche la conclusione dell’intervista va segnalata. L’intervistatrice, sazia di parole vacue, chiede sensatamente: “E perché mai il Pdl dovrebbe scaricare Silvio Berlusconi per metter su un governo di transizione con le forze dell’opposizione?” A questo punto, dopo aver detto tante cose intelligenti, D’Alema potrebbe dire la più vera: “È solo che tutte queste cose le ho sognate stanotte”. Invece ecco le sue parole: “È chiaro che se questo discorso non troverà un ascolto nell’ambito della maggioranza è probabile che si arriverà alle elezioni anticipate”. Per riprendere le sue parole, Berlusconi sì, Berlusconi no, ancora una volta. Ma forse un ritorno alle urne, invece che dei suoi sogni, fa parte dei suoi incubi.
Gianni Pardo
Dopo tali incontrovertibili dimostrazioni di acume e di anticonformismo D’Alema si rifà lasciandosi andare ad un’orgia di wishful thinking (il prendere i propri sogni per realtà) e di banale, piatto antiberlusconismo.
Sostiene con toni apocalittici che siamo alla crisi finale del Pdl. Qualcosa come l’ultima convulsione del capitalismo di cui parlava sempre Mosca. “Le prospettive appaiono incerte mentre la crisi appare certa”.
Anche se lui non specifica né quando avverrà né in che cosa consisterà. La caduta del governo? E chi lo butta giù? Soprattutto, chi ha interesse a farlo? Non ha udito Gianfranco Fini dire cento volte che lui e i suoi sosterranno sempre lealmente questo esecutivo? Questo è il partito che “ho contribuito a fondare”, sostiene il Presidente della Camera; e Massimo dovrebbe sapere che Fini e i suoi amici sono sinceri semplicemente perché, fuori del Pdl, sarebbero soli e al freddo.
Ma, dice D’Alema, “C’è anche una crisi morale, di credibilità dello Stato”. Oltre a fare un caldo boia. E di chi è la colpa? Di Berlusconi. Infatti D’Alema sostiene che bisognerebbe costituire un nuovo governo di cui non sa dire nulla se non che non dovrebbe capeggiarlo Silvio. “La lunga fase della parabola berlusconiana è finita”, decreta. Forse addirittura il Cavaliere è in vacanza da mesi alle Bermuda: infatti il leader pugliese constata “un vuoto di leadership politica impressionante”. E dire che credevamo d’avere udito ad nauseam accuse di dittatura sudamericana scagliate contro il Cavaliere un giorno sì e l’altro pure. E proprio dalla sinistra. Ma forse ricordiamo male.
A Palazzo Chigi deve tuttavia essere rimasto qualcosa, di Berlusconi. Forse il suo fantasma. Infatti per il ghostbuster D’Alema il governo futuro potrà essere guidato da chiunque, mentre: “Se si tratta di un’operazione di ceto politico intorno a Berlusconi non serve assolutamente a nulla”. “La portata della crisi richiede un salto di qualità politico ed escludo che possa farlo Berlusconi”. L’Italia, afferma quasi con lirismo, ha bisogno di “un momento di responsabilità in cui si affrontino i problemi del Paese con coraggio”; di “un nuovo patto sociale”; “di un patto per il risanamento”; “di un patto per la crescita”. Quante belle parole, signora mia.
Purtroppo, malgrado i desideri della sinistra, il Cavaliere è ancora vivo e tutti hanno paura di sfidarlo. “Ritengo che tornare a votare con l’attuale legge elettorale, per una sorta di referendum su Berlusconi sì, Berlusconi no, non sarebbe utile”. Perché la sinistra sarebbe ancora una volta sconfitta. E qual è la soluzione geniale? La soluzione è che, se non si riesce a battere il campione, il campione stesso si dichiari battuto e vada via. Sostituito da che cosa? Da “un governo di larghe intese”, da “un governo di transizione “o come vogliamo chiamarlo, dice l’intervistato, non riuscendo a trovare l’espressione più semplice: “Da un governo senza Berlusconi”.
La giornalista (che ha già suggerito il nome di Giulio Tremonti) chiede infine: “Ma chi potrebbe mai essere la personalità che riesce a mettere insieme forze politiche tanto diverse?” “Questa è una decisione che spetta, come lei sa, al presidente della Repubblica». Quando ci si infila in un vicolo cieco, la machina fa scendere dall’alto il deus che risolve il problema.
Anche la conclusione dell’intervista va segnalata. L’intervistatrice, sazia di parole vacue, chiede sensatamente: “E perché mai il Pdl dovrebbe scaricare Silvio Berlusconi per metter su un governo di transizione con le forze dell’opposizione?” A questo punto, dopo aver detto tante cose intelligenti, D’Alema potrebbe dire la più vera: “È solo che tutte queste cose le ho sognate stanotte”. Invece ecco le sue parole: “È chiaro che se questo discorso non troverà un ascolto nell’ambito della maggioranza è probabile che si arriverà alle elezioni anticipate”. Per riprendere le sue parole, Berlusconi sì, Berlusconi no, ancora una volta. Ma forse un ritorno alle urne, invece che dei suoi sogni, fa parte dei suoi incubi.
Gianni Pardo
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